Unità d’abitazione rurale


Eravamo abituati, o forse lo siamo ancora, a veder crescere anche i paesi – oltre alle città – in periferie tutte uguali. Tutte pianificate dalla cosiddetta urbanistica delle campiture colorate. I complessi residenziali si insediavano in lottizzazioni dove veniva divisa l’area in tanti piccoli lotti edificabili, quasi sempre messi insieme senza alcuna connessione tra di loro. Così, ci portiamo addosso l’eredità di quello “scriteriato sviluppo” con case e palazzoni singoli, solo frutto di numeri asettici e freddi degli standards urbanistici. Non potevamo altro che assistere allo scempio delle aree “fuori porta”. L’unico mezzo a disposizione il diritto di critica a questo modo burocratico e “normativistico” del costruire. Capitò che la fortuna mi concesse la bella occasione di passare dalle parole ai fatti, dalle critiche alle proposte. Cercare di costruire un “tassello” antitetico a quel modo di fare e cercare di arrivare in fondo senza essere massacrato dalla burocrazia, dalla committenza e dal costruttore. Ma, d’altra parte, quello dell’architetto è un mestiere pieno di rischi. Mi venne abbastanza spontaneo di disporre tutte le case intorno ad un’ “aia urbanizzata”, ad una corte su tre livelli, per meglio aderire alla morfologia collinare. Ed altrettanto spontaneo insistere sul “bifrontalismo”, ad un fronte esterno omogeneo contrapporre un fronte interno diversificato ed eterogeneo. Fronti più articolati, spontanei, quasi casuali. cercando l’architettura “anonima”.

Mauro Andreini. CASE POPOLARI, Torrenieri

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